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08-Pasqua: Risurrezione del Signore – Anno C

Pasqua: Risurrezione del Signore – Anno C

Gv. 20, 1-9

Messaggi della Pasqua cristiana

12 aprile 1998


Celebrare l'eucarestia, come sappiamo, non è semplicemente ricordare un evento accaduto nel passato, ma significa scoprire che significato esso abbia avuto nella storia e quindi interrogarsi sul valore che ha per noi oggi celebrarlo. Anche noi, infatti, siamo inseriti nello stesso processo di vita di cui Gesù rappresenta un momento estremamente significativo e di cui segna una tappa necessaria.
Ci chiediamo in primo luogo che cosa significa per Gesù l’esperienza della risurrezione; poi cercheremo di capire che significato abbia avuto per gli apostoli e i discepoli incontrare Gesù risorto e quale cambiamento abbia provocato in loro; e infine ci interroghiamo sul significato che ha per noi oggi celebrare la memoria – una memoria vitale, non semplicemente intellettuale - della risurrezione del Signore.

1. l'esperienza di Gesù.

Noi non sappiamo in che consista la risurrezione e non lo sapremo finché non giungeremo anche noi alla nuova dimensione di vita, quella che appunto la risurrezione simboleggia. Perché la risurrezione è un simbolo: Gesù non ha riassunto le molecole del suo corpo; la risurrezione è l'indicazione di una nuova modalità di esistenza, di una nuova dimensione di vita. Le dimensioni della vita sono molte, noi conosciamo semplicemente alcune piccole espressioni legate alla nostra attuale esperienza e quindi limitate dalla nostra sensibilità e dalla nostra ragione, non possiamo andare oltre. Ma le dimensioni della stessa realtà fisica sono molte altre. La resurrezione è il simbolo di una forma definitiva di vita - o di forme diverse, perché non sappiamo se sia l'unica o se ce ne sono diverse che precedono una forma definitiva di esistenza, cioè se sarà un processo. Non sappiamo esattamente, perché la vita è molto più complessa del piccolo modello che noi ne abbiamo fatto o ne stiamo facendo lungo il tempo della nostra storia.
Ma per Gesù la risurrezione rappresenta qualcosa di più dell'ingresso nella forma definitiva di vita, rappresenta la verifica della verità della sua proposta di salvezza. Questo Gesù attendeva. Più volte abbiamo riflettuto sulla resistenza degli apostoli ad accettare la proposta di Gesù. Ma era una resistenza profonda, che non riguardava solo gli apostoli. La qualità nuova di esistenza che Gesù proponeva era irrazionale rispetto ai modelli della cultura corrente e rispetto alle acquisizioni spirituali dei millenni precedenti. Gesù ha rappresentato un salto qualitativo nell'esistenza umana, un modo di vivere prima improponibile. Solo Gesù lo viveva, ma nessuno lo accoglieva. Anzi, tutti lo consideravano un modo assurdo, inefficace e quindi impraticabile. Quando Gesù diceva che di fronte all'odio era necessario amare di più, che di fronte all'egoismo era necessario esprimere forme di gratuità prima mai espresse, che di fronte al peccato era necessario usare misericordia o di fronte alla violenza assumere atteggiamenti di mansuetudine, a chi poteva riferirsi? dove si fondava? Neppure poteva dire: "E' stato scritto", anzi doveva affermare: "Hanno detto, ma io vi dico", ma in base a che cosa potevano accettare una proposta di questo tipo? chi poteva accogliere una simile proposta? In realtà, chi di noi realmente ha accolto e vive coerentemente e fino in fondo questo messaggio?
Gesù s'è trovato solo a vivere l’esperienza del Vangelo che annunciava rifiutato da tutti, anche dai suoi. I parenti inizialmente lo considerano un pazzo, i suoi discepoli si entusiasmarono per alcuni segni, espressioni della sua capacità vitale, della sua potenza di amore, ma ne rifiutarono le conseguenze.
Di fronte all'odio, alla violenza che si delinea all'orizzonte, Gesù decide di proseguire fino alla fine, cioè di continuare ad esprimere amore senza riserve dove c'era odio, ad esprimere mansuetudine senza limiti dove c'era violenza. Giovanni esprime bene questa decisione: "avendo amato i suoi li amò sino alla fine": che non significa solo 'fino alla fine della vita', ma significa ‘fino all'ultima espressione’, nella profondità completa della sua persona. Ma si ritrova solo, perché gli apostoli non avevano assunto la sua prospettiva. Essi erano pronti a combattere, portavano la spada sotto il mantello, esercitavano l'odio e quando non hanno potuto fare altrimenti sono fuggiti. Uno l'ha tradito, un altro ha detto: "Non l'ho mai conosciuto".
Gesù ha vissuto certamente l’esperienza della croce come la sconfitta della sua proposta messianica. Eppure era la legge di salvezza: l'aveva scoperta e vissuta, per cui non poteva dubitarne. Egli scoprì che solamente in questo modo il male poteva essere sconfitto; che solo continuando ad amare “fino alla fine” le dinamiche di morte e di distruzione che l'odio e la violenza introducono nella storia umana, potevano essere superate.
Gesù era convinto che sarebbe venuta certamente da Dio la verifica della sua missione, la verità della sua esistenza: la forza creatrice che in lui si esprimeva doveva, in un modo o in un altro, manifestarsi come salvezza. Di questo Gesù era certo. Per questo si abbandonò senza riserve al Padre. Quando sarebbe venuta la manifestazione? prima della morte? nella morte? dopo? Questo era secondario. Non era neppure necessario che Gesù determinasse con precisione questo momento o lo conoscesse, quello che era importante era l'atteggiamento di abbandono fiducioso: Dio era presente, il suo amore era efficace, sarebbe venuta la verifica.
La risurrezione è per Gesù la verifica della validità della sua proposta. L'abbandono fiducioso, l'amore fino in fondo che ha esercitato sulla croce: "Nelle tue mani, Padre, rimetto la mia vita", "Perdona loro, non sanno quello che fanno", quelle forme di attenzione delicata attorno a sé, erano esercizio di quella forza di vita che poi è fiorita nella risurrezione. Il messaggio è emerso dall'interno della storia: attraverso la sua forza, quella che si esprimeva in lui quando guariva, quando perdonava i peccatori, quando portava la violenza perdonando. E' quella forza che poi si è espressa nella risurrezione, ed è fiorita in una vita nuova. Per questo si può dire "Gesù è risorto" o anche "Dio lo ha risuscitato".
Ma questo traguardo ci porta oltre la nostra piccola esperienza: a questo punto possiamo solo contemplare la fedeltà all’amore che Gesù ha vissuto nella totale solitudine, senza una vicinanza consapevole. C'era una vicinanza compassionevole, soprattutto della madre e delle donne, ma non c'era una vicinanza pienamente consapevole, cioè di chi ha assunto lo stesso ideale fino in fondo. Solo i dopo i discepoli diventeranno testimoni.

2. L'esperienza dei discepoli che incontrano il Maestro.

Per gli apostoli cosa ha significato l'incontro con Gesù risorto, quale cambiamento è avvenuto in loro? Fino allora avevano opposto resistenza. Ancora nel Vangelo che abbiamo ascoltato Giovanni dice: "Non avevano ancora compreso la Scrittura" (20,9). Quindi è chiaro che il loro atteggiamento di fede era insufficiente, inadeguato.
Solo incontrando Gesù risorto gli apostoli hanno incominciato a cambiare prospettiva, a capire una cosa essenziale che vale anche per noi: che la forza di vita in gioco nella nostra piccola storia contiene ricchezze che ancora non si sono espresse, potenzialità che attendono l'ora della manifestazione. Per questo poi, raccolti in preghiera, hanno consentito alla forza di Dio di assumere modalità nuove di condivisione, di misericordia, di perdono reciproco e hanno cominciato l'avventura della nuova alleanza. Potremmo dire che c'è stato un salto qualitativo di vita in loro, una modalità inedita di vivere i rapporti, di scambiarsi il perdono, di portare gli uni il male degli altri. E' cominciata allora una piccola esperienza, che poi pian piano, lungo i secoli, ha avuto diramazioni straordinarie e continua tuttora.
Quando dico un 'salto qualitativo' mi riferisco proprio ad una qualità nuova dell'esistenza umana. C'erano stati altri salti qualitativi. Prima ancora c'erano stati salti dalla vita vegetale alla vita animale; poi pian piano la vita sempre più ricca, sempre più complessa, fino a che è sorta quella complessità straordinaria che è l'uomo; ma l'Adamo iniziale era ancora molto rudimentale, dal punto di vista culturale, spirituale, psichico e spirituale.

3. La nostra memoria del Risorto.

Dobbiamo interrogarci: che cosa significa per noi fare memoria di questo processo? Nella Eucarestia non ricordiamo solo una fatto accaduto duemila anni fa, ma celebriamo un evento che da allora è stato avviato. Altrimenti la risurrezione di Gesù non avrebbe significato nulla dal punto di vista salvifico, se non avesse scatenato un'avventura storica nuova e non avesse suscitato un processo che ancora è in corso. Anzi, si può dire che è ancora agli inizi, perché nei tempi dei processi della vita (tre miliardi e ottocentomila anni da quando la vita è sorta sulla terra) duemila anni sono realmente un soffio, un attimo. Dobbiamo ancora svolgere nella storia la potenza che si è manifestata in quel salto qualitativo avviato dalla risurrezione di Gesù.
Ma tutto è legato ancora alla disponibilità e all’accoglienza dell'uomo, perché il processo non avviene sopra le teste degli uomini, ma dal di dentro delle menti, dei cuori, delle decisioni. All'interno dei rapporti tra i popoli, tra i gruppi sociali, tra le persone, lì sta maturando e giunge a compimento, alla fine, il lungo processo in cui siamo inseriti. Ma è necessario che anche oggi ci siano persone, gruppi, comunità che sappiano accogliere la forza della vita per esprimerla in modalità inedite.
Certo, anche il male continua la sua storia, perché non è stato eliminato. Gesù ha indicato la possibilità di emergerne, di annullarne le dinamiche nella storia, ma il male ci accompagnerà finché giungeremo al traguardo finale, perché il male è l’espressione del nulla originario e della condizione incompiuta nella quale ci troviamo, è l'origine che viene annullata attraverso le molte tappe del lungo processo.
Dunque celebrare oggi la resurrezione del Signore significa prendere coscienza della responsabilità che abbiamo per consentire alla forza della vita di giungere a qualità nuove, a forme inedite di condivisione, di fraternità, di misericordia. Questo significa oggi per noi celebrare l'eucarestia, nel giorno della risurrezione del Signore. Ogni domenica è la pasqua settimanale. Ma l'eucarestia di oggi le riassume tutte, dà il tono a tutte le domeniche dell'anno liturgico.
Siamo disposti ad accogliere questo messaggio, ad assumere questa responsabilità, a portare insieme ai nostri fratelli il male del mondo perché la forza della vita prevalga sulla violenza e sulle dinamiche distruttrici del male? Facciamoci risuonare dentro questo interrogativo, non poggiandoci sulla nostra potenza perché, lo sappiamo, siamo ambigui, deboli, pieni di limiti, ma nella certezza che la forza di vita che ci alimenta ha delle ricchezze molto maggiori di quelle finora espresse nella storia umana.
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