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18-XXVa Ordinario – Anno C

XXVa Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Lc. 16, 1-13

Non si possono servire due padroni: la vera ricchezza


Il messaggio di questa liturgia è molto chiaro, non richiede, credo, molte spiegazioni; dobbiamo piuttosto cercare di capire che cosa può significare per noi accoglierlo, quale cambiamento sollecita.
Ci fermeremo a riflettere soprattutto sul versetto conclusivo del vangelo di oggi: “Nessun servo può servire a due padroni…Non potete servire a Dio e a Mammona”.
Notiamo subito che il termine 'servire' non significa semplicemente 'prestare la propria azione a favore di un altro': nel senso forte del termine è 'dedicare la propria vita a'. Allora il messaggio fondamentale di Gesù è: non si può dedicare la propria vita a Dio, cioè al Regno di Dio, e insieme dedicarla alla ricchezza. Occorre fare un scelta.

La nostra vita comincia con l’idolatria.

La scelta deve essere fatta nella consapevolezza che noi tutti cominciamo la vita a servizio degli idoli. Per incompiutezza non per cattiveria. Quindi noi tutti ci troviamo, nella prima fase della nostra esistenza, a servire le cose, cioè dedicati ai beni: ai giocattoli prima, a procurarci il cibo più avanti e così via.
Questo è dunque il primo dato che dobbiamo tenere presente per individuare il cammino della nostra conversione: tutti noi cominciamo dall'idolatria - l'idolatria di noi stessi, l'idolatria degli altri, l'idolatria dei beni - cioè consideriamo le creature come assolute.
Questa è la prima ragione per cui la ricchezza diventa un ostacolo per il Regno di Dio, cioè per diventare figli, per vivere pienamente. Potremmo dire: noi cominciamo la nostra esistenza incapaci di vivere, con un atteggiamento che impedisce il flusso della vita.
Nella prima fase dell'esistenza le conseguenze di questo atteggiamento non sono molto gravi, per una ragione semplice: perché sono gli altri che, per correggere questa nostra condizione, prendono decisioni al nostro posto; altrimenti noi sbaglieremmo completamente nelle nostre scelte, appunto perché seguiamo criteri idolatrici.
Ma il problema grave sorge quando, andando avanti nell'esistenza, manteniamo queste idolatrie oltre il dovuto, perché allora impediamo alla vita di svilupparsi e produciamo morte intorno a noi. Anche gli eventi storici che stanno accadendo in questi ultimi tempi dimostrano chiaramente che l'idolatria conduce alla morte, produce disastri, nella nostra vita personale e nella vita sociale.

L’illusione di potenza che danno le ricchezze.

C'è poi una seconda ragione per cui la ricchezza diventa un ostacolo per il cammino del Regno, ed è l'illusione di diventare potenti attraverso i beni accumulati. Questa è un'esperienza che facciamo tutti: abbiamo la presunzione, coi beni che possediamo, coi soldi che abbiamo accumulato, di essere in grado di dominare le situazioni, di poter qualificare il nostro futuro, di poter orientare gli eventi della storia, di poter dominare gli altri. In fondo anche le guerre sono l'espressione di questa illusione di onnipotenza attraverso gli strumenti del potere, che sono frutto di una ricchezza accumulata a danno degli altri e che poi vengono esercitati contro gli altri e quindi producono morte.
Questo avviene in tante situazioni: pensate per esempio a tutti i meccanismi della mafia. Gli stessi meccanismi della politica internazionale spesso esprimono precisamente questa legge fondamentale della vita dell'uomo: chi fa delle ricchezze la ragione della propria esistenza non solo impedisce il flusso della vita per sé, ma produce morte e oppressione sugli altri.

L’ingiustizia della ricchezza.

Questo ci introduce a capire la terza ragione per cui la ricchezza diventa un ostacolo nel cammino verso il Regno e ci permette di capire quell'affermazione di Gesù che può sembrare strana: "Fatevi amici con l’ingiusta ricchezza". Perché Gesù chiama iniqua, ingiusta, la ricchezza?
Ci sono almeno due ragioni possibili per spiegare l'ingiustizia della ricchezza.

L’organizzazione del mondo è a vantaggio di pochi.

La prima è che la nostra condizione attuale, personale e sociale, è ancora inadeguata, imperfetta, dato che siamo in processo; stiamo camminando verso una forma nuova di umanità, verso quel compimento finale dove regnerà la giustizia, come dice la Bibbia, ma questo avverrà alla fine, nel Regno, al termine del lungo cammino storico. Quindi la situazione attuale in questo senso è imperfetta, inadeguata. E' ingiusta. Oggi noi lo comprendiamo bene: l'organizzazione della società, il commercio, la struttura bancaria, il mondo industriale hanno componenti di ingiustizia.
Questo è facile riconoscerlo, ma non è facile risolvere i problemi. Del resto se potessimo risolvere tutti i problemi saremmo già allo stadio definitivo della giustizia e della fraternità. Però ci è chiesto di risolvere i problemi che siamo in grado di risolvere: non possiamo risolvere tutto, ma la condizione del mondo è modificabile. Le resistenze da parte di chi vengono? Da chi si trova nella condizione più favorevole, da chi è in grado di usufruire maggiormente dei beni della terra. Questi pongono resistenze al cambiamento, perché ogni cambiamento rischia sempre di essere a loro sfavore.
Noi apparteniamo a questo gruppo di popoli, che, benché proclamino cambiamenti e rinnovamenti, tuttavia hanno profonde resistenze ad attuarli o progettano cambiamenti solo a loro favore. Come è avvenuto in questi ultimi decenni: tutti riconoscono che le leggi che i popoli ricchi hanno stabilito hanno aumentato la loro ricchezza a danno degli altri popoli che invece sono nella povertà. In questo senso la nostra condizione è ingiusta.
Essere consapevoli di questa condizione di ingiustizia ci conduce ad una decisione necessaria di redistribuzione dei beni che possediamo. Domenica prossima il Vangelo ci ripresenterà questa necessità, perché leggeremo la parabola del ricco che ha il povero alle porte.
Allora capite: se noi prendiamo coscienza che la nostra condizione è ingiusta - anche indipendentemente dalla nostra volontà, o contro la nostra volontà, perché siamo stati inseriti in una struttura che era già decisa precedentemente o che s'è andata configurando in questi ultimi decenni - la decisione deve essere coerente.

L’uso sbagliato della ricchezza.

C'è un'altra ragione per cui la ricchezza è ingiusta: è che spesso noi la utilizziamo in modo sbagliato. Quale sarebbe il modo giusto di utilizzare la ricchezza? Utilizzarla per favorire la vita, perché la vita si sviluppi. E invece spesso noi utilizziamo i beni solo per il nostro interesse, per il nostro comodo, per il nostro piacere, senza tener conto delle condizioni sociali o delle condizioni in cui gli altri si trovano.
Secondo alcuni esegeti la lode del padrone per l'amministratore infedele si può spiegare appunto in questo modo: l'amministratore, che aveva diritto a trattenere una parte dei proventi, ha rinunciato alla sua parte per farsi amici quelli che erano debitori del suo padrone, quindi ha rinunciato al suo interesse particolare immediato per avere poi un beneficio successivamente. E Gesù applicherebbe allora questo atteggiamento al nostro modo di agire: anche a noi è chiesto di utilizzare i beni a favore della vita vera, della ricchezza vera; quindi a rinunciare ai nostri beni per ottenere la ricchezza vera.

La ricchezza vera.

E giungiamo così all'ultima affermazione di Gesù, per noi molto significativa. Gesù dice: "Se non siete stati fedeli nell'iniqua ricchezza, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?". Potremmo tradurre: come potrai giungere alla vera ricchezza, se non sai utilizzare i beni, le ricchezze provvisorie, transitorie, di superficie?
Qual è la vera ricchezza della persona umana? È raggiungere la propria identità di figlio di Dio. È acquisire la 'vita eterna', come Gesù la chiamava, cioè quella ricchezza interiore che fa della nostra esistenza l'ambito dell'azione di Dio, il luogo della sua presenza; che rende ragione di tutto ciò che noi siamo e caratterizza tutto ciò che noi possiamo fare. Noi siamo sulla terra per diventare figli. E se trascuriamo questo traguardo tutto diventa insignificante nella nostra vita, tutto perde senso. Anche se accumuliamo molte ricchezze la vita diventa vuota, insignificante. Perché questa è la ricchezza vera: diventare figli di Dio.
Allora Gesù dice: utilizza tutti i beni che hai per diventare figlio, per raggiungere quella tua identità che dà un valore a tutto quello che fai, a tutto quello che sei.
Allora il criterio diventa un altro: non è più il nostro interesse, il nostro piacere, non è più il gusto del possesso, la volontà di dominare gli altri attraverso i beni che abbiamo. È un traguardo personale, quello del diventare figli, ma richiede l'esercizio di una condivisione, di una fraternità che consenta alla vita di svilupparsi in noi e negli altri. Questa è la ricchezza vera dell'umanità. Se la trascuriamo perde senso tutto quello che facciamo, anche se facciamo del bene.

Di fronte a questi criteri, che sono molto chiari, noi restiamo confusi, perché tutta l'impostazione della nostra esistenza è contraria a questi criteri della vita. Ci troviamo perciò dalla parte di coloro che debbono invocare, come il pubblicano della parabola di Luca, la misericordia di Dio: "Abbi pietà di noi peccatori" (cfr. Lc 18,13).


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