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24-XXXIa Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

XXXIa Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Lc. 19, 1-10

Il cammino di conversione


Il Vangelo di oggi non è una parabola come quello di domenica scorsa, ma riporta un episodio accaduto a Gesù che attraversava Gerico. E’ un racconto molto vivo, che delinea chiaramente i tre momenti fondamentali del cammino di conversione. Li indica con queste tre espressioni: desiderio, incontro-accoglienza e cambiamento di vita. Anche noi siamo chiamati a percorrerli, per cui ci è utile oggi questo Vangelo per fare il punto sul cammino della nostra conversione.

Il desiderio di incontrare Gesù.

Il desiderio nasce dalla consapevolezza della necessità di convertirsi. Questa consapevolezza è relativamente facile per chi ha fatto e continua a fare scelte di peccato nella vita, perché arriva un momento in cui si rende conto del male che procura a se stesso e agli altri. Allora incomincia il desiderio di cambiamento. Per noi, invece, che abitualmente viviamo una vita onesta, secondo la legge, andiamo in chiesa, preghiamo, per noi la consapevolezza della necessità di conversione è più difficile. Tante volte ci è rivolto l’interrogativo: "Ma perché devo cambiare? Faccio il bene". E' lo stesso ragionamento che facevano i farisei nei confronti di Gesù, il quale chiedeva soprattutto a loro un grande cambiamento di vita, che fosse poi di stimolo per i peccatori; ma i farisei non accoglievano l'invito di Gesù: perché dovevano cambiare, se erano buoni, se osservavano la legge? E molte volte anche noi alimentiamo la resistenza alla conversione, perché siamo convinti di non averne bisogno.
Questo primo momento perciò è importante. In Zaccheo noi non sappiamo da cosa il desiderio sia stato suscitato. I racconti dei Vangeli sono molto sobri, e soprattutto, secondo lo stile del tempo, non indugiano nell'indicazione degli stati d'animo, dell'interiorità. Le lingue antiche non avevano vocabolario sufficiente per descrivere i processi interiori, mentre le nostre lingue soprattutto in quest'ultimo secolo si sono arricchite notevolmente di parole relative a stati d'animo e a processi psichici, in conseguenza di tutte le scoperte che le scienze umane hanno fatto sulla condizione umana.
Certamente Zaccheo, in quanto pubblicano, anzi, capo dei pubblicani, era considerato dalla gente un traditore e un peccatore. Forse è stato proprio il clima di sfiducia e di ostilità da cui si sentiva circondato che ha suscitato in lui il desiderio di incontrare quel profeta di cui aveva sentito parlare e che ora stava attraversando la città guarendo i malati e chiedendo conversione.
Un'altra piccola notazione: non dobbiamo pensare che i desideri nascano già puri, completi, perfetti, che abbiano già di vista l'oggetto ben chiaro. Il desiderio nasce sempre confuso. Per questo dobbiamo essere attenti ai primi moti dei desideri di cambiamento che emergono dentro di noi, perché facilmente li trascuriamo, appunto perché si presentano inizialmente sempre ambigui. Può darsi per esempio che in Zaccheo giocasse la curiosità o la volontà di emergere, di apparire... Non sappiamo quali siano i meccanismi che si sono coagulati in questo suo desiderio di vedere Gesù.
I nostri processi però possiamo analizzarli.
Questa è una fase importate: la consapevolezza del male della nostra vita, che esige conversione. Possiamo considerare due dimensioni fondamentali di questo male.
Il male legato alla nostra condizione di creature in processo.
Data la nostra condizione di creature in processo, nulla di quello che costituisce la nostra esistenza è perfetto: i nostri pensieri, i nostri giudizi, il nostro amore, il nostro impegno anche nei confronti degli altri, la nostra preghiera, la nostra vita religiosa, hanno sempre elementi inquinanti. Questo dobbiamo darlo per scontato, anche se non riusciamo a coglierli, perché siamo coinvolti, siamo dentro. E' solo quando incontriamo persone più perfette di noi, quando incontriamo dei testimoni o dei santi, che scopriamo la nostra distanza.
Il male delle nostre scelte negative.
Quelle che abbiamo considerato fin qui erano scelte fondamentalmente positive: di fare il bene, di amare, di pregare e così via. Ma poi ci sono le scelte negative: di dominio sugli altri, di prevaricazione, di gelosia, di possesso … Sono spesso scelte mascherate. Anche per questo non è semplice discernere il male della nostra vita. Quante volte, andando avanti nella vita spirituale, ci si accorge di mali che prima non avvertivamo, si scoprono delle componenti maliziose, inquinanti, negative che prima non supponevamo di avere.
Allora la prima condizione per suscitare in noi il desiderio di conversione è ammettere pregiudizialmente questo fatto: noi siamo nel male, siamo incompiuti, siamo imperfetti e facciamo delle scelte negative di cui ci rendiamo conto solo successivamente, quando ne vediamo gli effetti, quando ne scopriamo i frutti negativi.
Questo atteggiamento è un passo importante nel cammino spirituale, ma non è facile, perché cominciamo la nostra esistenza nella presunzione della perfezione, tutto quello che fa parte della nostra vita lo consideriamo buono. È vero che la nostra vita in se stessa è una struttura buona, perché è frutto dell'amore misericordioso di Dio, della forza creatrice; ma non ci accorgiamo del bene che sarebbe possibile e invece non realizziamo, della perfezione che dovremmo avere e invece non possediamo.
Ogni volta che facciamo un piccolo esame di coscienza della nostra vita cominciamo con un breve momento in cui dichiariamo di essere peccatori. Anche se non riusciamo sempre a individuare il male, il fatto di dichiararci peccatori ci permette di andare incontro alla misericordia: di salire sull'albero, come ha fatto Zaccheo, per vedere Gesù.

L’ascolto-accoglienza.

Il desiderio può essere alimentato, ma non divenire realtà: quanti desideri velleitari coltiviamo! In questo caso il desiderio non conduce a conversione. Il momento decisivo è il secondo: l'ascolto-accoglienza.
Qui per Zaccheo qualche cosa sappiamo, perché Gesù si invita a casa sua: "Scendi in fretta, vengo a casa tua" . Gesù aveva l’abitudine, quando andava in un paese, in una città, di individuare qualche casa dove potesse essere accolto coi suoi per mangiare. È una tradizione della cultura ebraica, come di altre culture antiche: il profeta itinerante aveva diritto di chiedere ospitalità.
" Scese e lo accolse con gioia". È molto indicativo del suo atteggiamento interiore. Non sappiamo di che cosa Gesù avesse parlato lungo la strada, forse dei poveri incontrati o della necessità di essere vicini agli ultimi. Non sappiamo, ma importante è l’ascolto, la gioia dell’accoglienza, perché è la condizione per interiorizzare la parola, per interiorizzare la presenza. Infatti non ogni accoglienza, non ogni invito è interiorizzazione della presenza, è ascolto del messaggio, perché ci possono essere resistenze.
Ricordate a questo proposito l'episodio del capitolo 7 dello stesso vangelo di Luca, quando Simone invita Gesù a pranzo, perché è molto indicativo. Anche Simone accoglie Gesù, anzi, è Simone a invitarlo. Ma si merita il rimprovero di Gesù, che confronta il suo atteggiamento con quello della peccatrice anonima: "Vedi questa donna: sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi, tu non m'hai dato un bacio, tu non m'hai unto la testa con l'olio profumato. Lei invece..." (Lc.7, 36-50).
Allora non accontentiamoci del fatto che oggi siamo venuti in chiesa, o che leggiamo la Scrittura o che abbiamo l'abitudine della preghiera. Non è sufficiente questo, perché ci possono essere degli atteggiamenti che ci impediscono di accogliere il messaggio, di interiorizzare la presenza. Incontriamo Gesù ma come un estraneo; o come una persona anche amica, ma che ci sta accanto, che non entra dentro. Una componente fondamentale dei rapporti consiste nella interiorizzazione delle persone, perché finché i rapporti vengono vissuti lasciando gli altri dove sono non c'è una vera comunione di vita. La comunione di vita comincia quando la persona con cui entriamo in rapporto entra dentro di noi, diventa una componente della nostra vita, un'immagine che ci portiamo dentro, una struttura della nostra persona. Perché noi cresciamo interiorizzando i doni di vita offerti dagli altri, espressione per noi dell'azione creatrice di Dio.
Non si tratta semplicemente di incontrare: l'incontro di cui parliamo è ascolto-accoglienza, interiorizzazione della persona. Allora il messaggio lavora dentro, il dono diventa gesto, desiderio interiore, pensiero, decisione. Luca sottolinea questo fatto: "Scese in fretta e lo accolse con gioia". Di Simone non avrebbe potuto dire così: Simone accolse Gesù, ma nella formalità, nell'esteriorità. Qualcosa non c'era. Gesù lo chiamerà 'amore': "A chi ama poco, poco viene perdonato, a chi ama molto, molto è perdonato" (Lc.7,47). Dove l'amore è l'espressione stessa del perdono accolto, dell'azione misericordiosa di Dio, in quel caso esercitata per mezzo di Gesù.

La decisione di cambiare.

E infine il terzo momento della conversione: Zaccheo prende la decisione di cambiare vita.
Sono due gli aspetti della decisione, che Luca richiama brevemente, com'è nel suo stile, ma in modo molto efficace.
Il primo è relativo ad una condizione di ingiustizia in cui si trova, per cui decide: "Metà dei miei beni la do ai poveri". Si è reso conto che la ricchezza accumulata aveva una componente di ingiustizia, anche quando aveva seguito la legge; perché era la legge dei potenti, una legge di sfruttamento, una legge fatta da uomini e le leggi degli uomini sono sempre partigiane. L'accoglienza di Gesù lo conduce a una decisione impegnativa: "Metà dei miei beni la do ai poveri".
Il secondo aspetto invece riguarda la trasgressione della legge, quindi il peccato. Perché il primo aspetto non era peccato, lo sarebbe diventato se, una volta presa coscienza della situazione ingiusta, non avesse fatto nulla per modificarla. Il secondo aspetto invece è relativo alla trasgressione della legge: "E se ho frodato qualcosa restituisco quattro volte tanto".
Ora la conversione è completa. Gesù non chiede altro. In certe situazioni Gesù chiedeva di più. Per esempio al giovane ricco aveva detto: "Va', vendi tutto quello che hai. Poi vieni e seguimi" (Lc.18,22), perché aveva colto in quel giovane la possibilità di far parte del piccolo gruppo di verifica della validità del vangelo che Egli proponeva. A Zaccheo non chiede questo. Gesù riconosce l'importanza della scelta che ha fatto e conclude con una affermazione molto significativa: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa. Perché il Figlio dell'uomo è venuto a cercare chi era perduto”. Come è entrata la salvezza? In seguito all'azione di Gesù che conduce a decisione: "Metà dei miei beni la do ai poveri".
Ecco, il momento della decisione è un momento critico, perché richiede un cambiamento profondo che noi non sempre siamo disposti a realizzare, soprattutto quando siamo convinti che non è necessario, perché la vita va avanti lo stesso. Ma il punto è se la nostra identità di figli di Dio si realizza nonostante i nostri attaccamenti, i nostri rifiuti, le nostre resistenze. La legge non basta per diventare figli, per diventare viventi, per esprimere, come abbiamo ripetuto nel versetto del salmo, la gloria di Dio, per diventare cioè rivelazione del suo amore, espressione della sua perfezione. "La gloria di Dio è l'uomo vivente" è una formula di Sant'Ireneo di Lione in Adversus Haereses, cap. 4: l'uomo che giunge a vita piena manifesta Dio.
Sappiamo quanto bisogno ci sia oggi di persone che rivelino Dio nel mondo, cioè che facciano percepire che esistono il Bene, la Vita, la Verità in forma piena. Molti che pure praticano la religione, che forse nominano frequentemente Dio, non lo rivelano nella propria vita. Pensate le scelte compiute in questi giorni da uomini che dicendosi religiosi scelgono la morte, l'avversione, l'odio, la contraddizione. La religione può essere strumentalizzata ai propri istinti.
Sono urgenti rivelatori di Dio, cioè persone che manifestino realmente che il Bene esiste in una forma piena e che non è strumento degli istinti violenti degli uomini o della loro pretesa di supremazia o di dominio sugli altri. Se invece noi manteniamo i nostri attaccamenti, le nostre resistenze, non accogliamo l'azione di Dio che ci conduce oltre a diventare viventi, non otteniamo la salvezza, perché la salvezza è la vita in pienezza:" Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza" (Gv.10,10). Noi spesso ci accontentiamo di vivere a metà, di vivere in economia, di sopravvivere. Il resto non ci sembra richiesto. Ma per rivelare Dio il resto è necessario.
Se vogliamo continuare la missione di Gesù sulla terra, che è il nostro compito come comunità ecclesiale, dobbiamo interrogarci: che cosa oggi il Signore ci chiede perché possa anche per messo nostro pronunciare la benedizione: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa"? Che decisione possiamo prendere? Chiediamo al Signore la luce e la forza per essere fedeli alla sua parola.
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