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27-XXXIIIa Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

XXXIIIa Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Lc. 21, 5-19

Vivere la storia in modo salvifico

Sottolineo solo due insegnamenti di questa pagina molto densa, relativa alla fine del tempio di Gerusalemme: l’importanza delle scelte storiche e la testimonianza di fede nei momenti difficili. Ma prima vorrei proporvi una riflessione sul ruolo centrale di Gerusalemme per la spiritualità ebraica al tempo di Gesù. Noi oggi difficilmente possiamo percepire quale impatto potevano avere le parole di Gesù a chi gli faceva notare lo splendore del tempio visto dal monte degli ulivi: “verrano giorni, nei quali di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta” Lc 21,6). Gerusalemme e il Tempio erano, infatti, il fulcro della spiritualità giudaica: tutto vi convergeva.
Già dal 1000 a.C. Gerusalemme aveva cominciato ad emergere come il centro della religiosità ebraica, con la costruzione del Tempio da parte di Salomone. Ma poi soprattutto nel VII secolo l’importanza di Gerusalemme si accentuò, quando il re Giosia (640-609) concentrò nel Tempio di Gerusalemme tutto il culto. Prima infatti esistevano diversi templi dedicati al Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Gli ebrei lo designavano col tetragramma, senza però pronunciarlo. Proprio in quel periodo (nel 622) fu trovato tra le rovine del Tempio un libro che probabilmente un levita del nord aveva lasciato. Esso rappresentò il nucleo attorno a cui si sviluppò il Deuteronomio e l'inizio di una nuova fase della storia ebraica. Dopo poco tempo (nel 598 e nel 586) verrà l'esilio a Babilonia e dopo il decreto di Ciro (538) il ritorno, la ricostruzione del Tempio (terminata nel 515) e la ripresa del culto centrato su Gerusalemme. Successivamente Erode il Grande fece ricoprire d'oro il Tempio (19-18), per cui il tetto risplendeva al sole.
Tutti gli ebrei andavano a Gerusalemme tre volte l’anno - a Pasqua, a Pentecoste e per la Festa delle Tende - appunto perché era l'unico luogo dove si sacrificava, ma soprattutto perché era il luogo dove ritenevano abitasse la gloria di Dio. Di qui l'importanza che avevano il Tempio e Gerusalemme.
Gesù prevede la fine di quella fase che sembrava gloriosa. E la fine avverrà effettivamente nel 70 dopo Cristo con la distruzione del Tempio e una dispersione degli ebrei. Nel secolo successivo, nel 172, l’imperatore Adriano, introdusse il culto pagano a Gerusalemme e tutti gli ebrei verranno cacciati.
Gesù aveva cercato di introdurre categorie nuove e iniziò un cammino diverso, per cui il Tempio perdeva quel valore centrale che aveva nella religiosità ebraica. Ricordate la riflessione che poi Giovanni svilupperà nel capitolo 4: "Non su questo monte né a Gerusalemme: i veri adoratori adoreranno Dio in spirito e verità" (Gv.4,23). Anche la sua presa di distanza dalle tradizioni legate ai tempi e agli spazi sacri derivavano precisamente dal modo diverso di vivere il rapporto con Dio.

L’importanza delle scelte storiche.

L’indicazione di Gesù circa la prossima distruzione del tempio ha un valore molto più ampio del semplice riferimento a Gerusalemme, perché sottolinea l'importanza delle scelte storiche. Gesù infatti collega la distruzione al rifiuto opposto al suo invito alla conversione. Poco prima, nel capitolo 13 di Luca, dice appunto: "Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e tu non hai voluto!" (Lc. 13,34).
Le scelte storiche hanno un'incidenza che spesso noi non possiamo prevedere. Questo è il criterio che dobbiamo continuamente tenere presente, nelle scelte personali ma anche in quelle comunitarie: dobbiamo cioè essere consapevoli che il male delle nostre scelte si sviluppa ed ha delle conseguenze imprevedibili. Essere consapevoli di questo ci deve condurre ad un senso di responsabilità oggettiva: quello che noi compiamo non resta limitato alle nostre persone, le scelte della nostra generazione non sono limitate al nostro ambito storico, ma hanno conseguenze e sviluppi nelle generazioni successive.
Il male delle nostre scelte di cui non abbiamo piena consapevolezza ha certamente incidenze profonde. Per esempio a livello personale può essere la rabbia che mettiamo in certe azioni o l'egoismo che si insinua in certe decisioni o la volontà di possedere o di dominare gli altri... Spesso non ci rendiamo conto che quel male si svilupperà e avrà espressioni che non potremo più controllare.
Questo vale anche per l'aspetto storico. Pensate per esempio all'ecologia; alle scelte violente di questi giorni, quali conseguenze potranno avere negli sviluppi delle generazioni successive, quali reazioni susciteranno negli altri popoli. Noi vediamo solo le nostre reazioni, le conseguenze che possono avere per noi, calcoliamo ciò che perdiamo e ciò che possiamo acquistare. In fondo molte decisioni, anche violente, sono il risultato di questi calcoli. Pensiamo: "Poi ci siederemo al tavolo dei vincitori, potremo rivendicare i nostri diritti". E in questo modo consentiamo un male che riteniamo accettabile rispetto ai beni che poi acquisteremo. Ma il problema è che il male è degli altri e il bene è per noi o anche che il male per noi ci sembra molto limitato; e non ci rendiamo conto che noi inseriamo nella storia dei meccanismi di violenza, di opposizione, i cui effetti non possiamo prevedere.
Al tempo di Gesù certo non prevedevano quali potevano essere le conseguenze del rifiuto di quelle scelte che Gesù proponeva giorno dopo giorno; sembravano conseguenze abbastanza limitate, ma in realtà sono state molto profonde e gravi.
Anche noi continuiamo a opporre gli stessi rifiuti che opposero al tempo di Gesù, perché noi del Vangelo accogliamo molto poco! Dobbiamo allora interrogarci: quali conseguenze ne nostre scelte avranno nel futuro? Alla luce di questo interrogativo, saremo molto più attenti, molto più prudenti; e forse riusciremo a scorgere un male già presente e che non percepiamo. Non ci rendiamo conto che il meccanismo messo in moto è molto più grande di noi e diventa devastatore e può impedire poi lo sviluppo umano delle future generazioni.
Gerusalemme diventa un simbolo di una possibile novità di vita come lo è stato per i primi cristiani: ricordate che l'Apocalisse richiama la ‘Gerusalemme nuova’ come simbolo del Regno di Dio che viene.

La testimonianza nei momenti difficili.

La seconda riflessione riguarda invece la testimonianza che Gesù chiede anche in queste circostanze. Può sembrare strano che Gesù non richiami la testimonianza in rapporto ai trionfi, ai successi, alla propagazione del Vangelo, al riconoscimento del Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. No, richiama la testimonianza in ordine ai periodi di sofferenza, ai tribunali, alle prigioni: "Uccideranno alcuni di voi in nome mio". E sappiamo che questo accade anche oggi: anche noi incontriamo difficoltà nel proporre il Vangelo. Sembra che la stragrande maggioranza della gente consideri le attuali scelte di violenza e di emarginazione come doverose, come una missione per vincere il male. In nome del Vangelo. Gli ideali del Vangelo spesso non vengano riconosciuti e chi li vuole difendere si trova in minoranza, si trova emarginato.

Gesù dice: "Sarete testimoni". E aggunge: "Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa", cioè: non pensate già di essere in grado di affrontare queste situazioni."Io vi darò lingua e sapienza".
Sono indicazioni che credo possano essere molto utili. Noi spesso presumiamo – per i nostri argomenti, per la nostra preparazione, per il potere che abbiamo acquisito – di poter affrontare le situazioni da persone forti, sicure. E invece dobbiamo accogliere una Parola che ancora non conosciamo, dobbiamo lasciarci penetrare da una forza di vita che non possediamo; perché è solo allora che si inventano le nuove modalità di convivenza, di fraternità, di condivisione, di giustizia per la pace del Regno. Con la nostra presunzione impediamo alla novità di sorgere.
Vivere le situazioni in modo da consentire la novità dello Spirito senza presumere di avere già tutti gli elementi per affrontarle, ci conduce ad essere testimoni della verità di Dio e del Vangelo.
Testimoni della verità di Dio, perché mostriamo che in gioco nella vita c’è una Realtà molto più grande di noi, che la vita non è semplicemente un intreccio caotico di spinte distruttrici, ma c’è al fondo una forza creatrice positiva che contiene ricchezze non ancora accolte ed espresse. Questo è diventare testimoni di Dio: mostriamo che realmente il Bene esiste in una forma piena anche se sulla terra è molto frammentario e provvisorio.
E poi testimoni del Vangelo, le proposte di Gesù, le beatitudini non sono un’utopia lanciata per idealismo, senza rapporto con la storia degli uomini, ma sono criteri per una autentica maturazione umana. Deve apparire che i costruttori di pace sono figli di Dio e che i figli di Dio sono costruttori di pace. E come può apparire se non nascono figli di Dio in mezzo a noi, se non ci sono persone che si dedicano interamente perché la pace finalmente diventi l’orizzonte della storia umana? La forza creatrice già contiene queste ricchezze, ma richiede testimoni che siano in grado di percorrere la strada indicata e percersa da Gesù.

Neppure un capello del vostro capo andrà perduto”.

Gesù, dopo aver parlato della morte, delle difficoltà, delle prigioni, aggiunge: "Neppure un capello del vostro capo andrà perduto". Può sembrare un assurdo, ma è un’indicazione molto chiara del livello profondo della vita, che può sempre essere alimentato, anche nelle stagioni tristi e violente della storia umana. Neppure un capello va perduto, cioè noi possiamo vivere anche le circostanze minime, le situazioni di ogni giorno, in modo positivo, in modo da diffondere vita intorno a noi, da far crescere figli di Dio. Possiamo vivere in modo che nulla vada perduto di ciò che circola nelle trame della storia.
E’ questa certezza che Gesù ha vissuto fino alla morte: ha reso salvifica persino la croce, perché l’ha vissuta con un amore tale, da renderla segno di salvezza. Il che vuol dire che tutto può essere vissuto in modo positivo: neppure un capello che cade, cade senza senso, se noi sappiamo vivere tutte le esperienze in modo salvifico.

Chiediamo al Signore di essere consapevoli di questa possibilità, perché è il segreto per vivere bene anche le situazioni di sofferenza, di difficoltà, di ingiustizia e di violenza che oggi siamo chiamati ad affrontare.
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