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04-IV domenica di Quaresima anno C

IVa Domenica di Quaresima – Anno C

Lc. 15, 1-3; 11-32

La funzione creatrice della misericordia

25 marzo 2001


Dovremmo riuscire oggi, nella preghiera, a penetrare nell’esperienza di Gesù, in quell’esperienza che ha tradotto in questa parabola splendida, anche dal punto di vista letterario. Sappiamo infatti che Gesù raccontava ciò che viveva: in questo caso la gioia dell’incontro coi peccatori, coi pubblicani, con le prostitute e il perdono che offriva, la vita nuova che con loro celebrava. E’ questa l’esperienza che viene qui tradotta, per stimolare anche noi a scoprire la gioia della misericordia.
Il messaggio fondamentale di questa parabola è riassunto in quella espressione di Paolo che abbiamo sentito nella seconda lettura, tratta dalla II lettera ai Corinti (5,17-21): “lasciatevi riconciliare con Dio”. E’ il messaggio che ogni comunità cristiana dovrebbe continuamente ripetere nella sua vita, non a parole, ma offrendo quella misericordia che riconcilia; perché la misericordia di Dio non può essere espressa sulla terra se non ci sono gesti di uomini e di donne misericordiosi. E’ questo che fa scoprire e introduce la possibilità di una vita nuova.


L’efficacia della testimonianza della misericordia.

Io credo che il primo punto su cui dobbiamo riflettere è proprio l’efficacia della testimonianza data da Gesù, radice di tante altre testimonianze che nella storia sono state date da persone che credevano in Lui. Ricordiamone alcune.
Dopo l’uccisione di Vittorio Bachelet, venticinque terroristi rossi che erano in prigione (che non erano tra i colpevoli di quel delitto, ne avevano commessi altri) scrissero una lettera ad Adolfo Bachelet, fratello del professore ucciso, gesuita. Scrissero richiamandosi a ciò che avevano udito e visto alla televisione durante il funerale di Vittorio Bachelet, quando Giovanni, il figlio dell’ucciso, a nome della famiglia aveva offerto il perdono a quelli che avevano ucciso il padre. Scrissero: “Quel gesto è stata la nostra sconfitta. Abbiamo capito che l’ideale che perseguivamo era giusto, ma la strada che avevamo intrapreso era completamente sbagliata. Quel giovane ha mostrato l’errore che avevamo compiuto”. Nella lettera i terroristi invitavano anche padre Adolfo ad andare a trovarli in prigione. E padre Adolfo andò poi in prigione, continuò tra quei terroristi la sua attività e molti si convertirono. Anche una persona che spesso viene qui alla Messa, che era di Prima Linea, incontrò la fede quand’era in prigione parlando appunto con Padre Adolfo.
Un’altra testimonianza: Christian, il priore dei trappisti ucciso in Algeria alcuni anni fa, un anno prima di essere ucciso, prevedendo che questo sarebbe accaduto, aveva scritto un testamento in cui offriva perdono al suo uccisore. Dopo la sua morte quel testamento fu pubblicato nel giornale della diocesi. Una madre mussulmana raccolse i suoi due figli in casa, lesse loro quel testamento e poi disse: “Vedete a quale grado di umanità può condurre la fede in Dio e la preghiera”. E poi lei stessa scrisse una lettera al vescovo perché la pubblicasse nel giornale, una lettera dove invitava i cristiani di Algeria a non fuggire, a restare in mezzo a loro perché, diceva, “abbiamo bisogno delle vostre testimonianze, per nutrire ancora speranza per il nostro futuro”.
E’ questa la forza che vince il male, perché è l’espressione dell’amore misericordioso, cioè della forza positiva di Dio. Noi la chiamiamo ‘amore misericordioso’ perché in noi è giunta ad esprimersi come amore, come misericordia, ma sappiamo che è molto di più, perché l’azione creatrice di Dio ha una potenza, una profondità, molto più ricca di quella che riesce ad esprimersi nella nostra piccola storia. E’ proprio abbandonandoci a questa forza di vita ed esprimendola che possiamo consentire il futuro cammino della storia umana.


Il vero significato della misericordia.

Misericordia non è passività, disinteresse, non ingerenza.
Spesso noi intendiamo la misericordia nel senso di lasciar fare le cose, non intrometterci nella vita degli altri, essere rassegnati o passivi. No, l’amore non è passività, anzi, richiede il massimo di attività. La misericordia poi è l’amore più difficile, perché è l’amore per la miseria, l’amore per il vuoto, l’amore per il nulla. Rasenta la forza creatrice, perché occorre essere creatori per amare il nulla. Noi non ci troviamo mai di fronte al nulla radicale, come accade a Dio, noi ci troviamo sempre di fronte a creature, per cui abbiamo sempre un appiglio su cui esercitare il nostro debole amore; però rasenta la forza della creazione perché si rivolge verso il vuoto, il nulla, il male, la carenza, l’insufficienza. Quindi è un amore difficile, quello che Gesù esprime e che ci chiede di saper esercitare. E’ difficile essere misericordiosi. La misericordia è tutto l’opposto della passività, della non ingerenza, del non interessarsi del male del mondo.

Misericordia non è scusare o ricercare le cause del male.
A volte identifichiamo la misericordia con ricerca delle attenuanti o delle scuse per capire le scelte compiute, per esempio i traumi subiti nell’infanzia o le ingiustizie sofferte e così via. Certamente rintracciare le cause dei delitti è molto utile e importante, perché permette di fare in modo che non si ripetano; ma la misericordia non è fondata sulla non imputabilità del peccatore, né sulla sua non responsabilità. La misericordia è l’offerta di vita positiva là dove c’è negatività e morte. Quindi ha una dinamica sua propria che è l’oblatività radicale. Rasenta, ripeto, la forza creatrice, che si rivolge appunto al nulla, al vuoto.

Misericordia non è non indignarsi per il male.
A volte poi pensiamo che la misericordia sia non indignarsi per il male compiuto. No no, anzi, la forza positiva nasce proprio dall’indignazione per il male compiuto; solo che essa non si esprime con l’imitazione, cioè con la violenza, con l’aggressività, con la volontà di distruggere il male, per esempio istituendo la pena di morte o rendendo sempre più grave la punizione dei colpevoli. Tutte queste cose non producono nulla di bene, anzi, aumentano la violenza che circola nella società.
Il male non può essere distrutto, non si può togliere ciò che non c’è. Il male infatti è un bene deficiente, è il limite del bene: si distrugge il bene, se si distrugge il male. Occorre immettere positività, introdurre cose che non ci sono.

Misericordia non è dimenticare il male.
La misericordia non è neppure il dimenticare, il far finta che non sia successo nulla. Anzi, bisogna proprio fare memoria consapevolmente del male: gli anniversari che celebriamo dei disastri compiuti, dei martiri ecc. hanno una grande importanza. Ma la memoria deve essere positiva, cioè bisogna ricordare il male per esercitare misericordia, cioè per immettere forza positiva, opposta a quella del male commesso nel passato.

Quindi è un amore difficile, l’amore misericordioso; per questo Gesù l’ha richiamato più volte, con insistenza, l’ha vissuto in modo straordinario, l’ha espresso in questa parabola splendida del Padre misericordioso. Chissà come vibrava Gesù quando narrava queste parabole, quando creava queste immagini che nascevano dalla sua esperienza profonda, dal suo rapporto con Dio.


Scoprire la gioia della misericordia accolta.

Ma com’è possibile questo tipo di amore misericordioso di fronte al male, a noi che non riusciamo ad avere un amore puro neppure nei confronti dei fratelli, di quelli che ci stanno accanto? Ho detto prima che non è facile, ma direi anche che per noi è impossibile, se non impariamo la gioia della misericordia accolta. E qui allora emerge l’altro aspetto della parabola, cioè quello di riconoscere il proprio peccato e porsi di fronte a Dio per accogliere la sua misericordia. Occorre l’esercizio continuo del riconoscimento del male della nostra vita e dell’accoglienza dell’azione di Dio in noi. E’ una delle forme dell’abbandono fiducioso in cui consiste la fede.
Perché questo avvenga però è necessario raggiungere una reale consapevolezza del nostro peccato, occorre che non siamo, come il figlio maggiore della parabola, sicuri della nostra perfezione, convinti della nostra giustizia. E’ necessario che, come il figliol prodigo, anche noi – quando abbiamo tradito, quando ci siamo allontanati da Dio, quando ci siamo occupati solo dei nostri interessi – sappiamo percepire la chiamata che continua ad inseguirci, la chiamata che ci sollecita a raggiungere l’identità filiale ragione della nostra esistenza. La chiamata ci insegue in tutte le condizioni e ad un certo momento diventa l’invito che Paolo ha espresso nel brano che abbiamo ascoltato: “Lasciatevi riconciliare con Dio”. Potremmo anche tradurre: “Lasciati riconciliare con Dio, torna alla sua casa, che è il luogo della tua crescita, della tua identità”.
Quando abbiamo scoperto personalmente la gioia di questo ritorno siamo in grado di diventare testimoni dell’amore misericordioso di Dio. Allora il male che incontriamo non suscita in noi la reazione di condanna, la volontà di morte, suscita l’offerta misericordiosa di vita. Allora davanti alla conversione dei peccatori siamo in grado di condividere la gioia per il loro ritorno.

Chiediamo allora al Signore oggi di vivere questa Eucaristia entrando dentro alla spiritualità di Gesù, a quella esperienza gioiosa che egli compiva quando di fonte al male offriva perdono: “Va’ e non peccare più”. Come dire: “Ti sto accanto, cammino con te, puoi riprendere il tuo cammino nella novità di vita”.
Chiediamo di saper guardare i nostri fratelli e le nostre sorelle con occhi diversi, da essere capaci, di fronte ad ogni male in cui ci imbattiamo, di immettere forza positiva, di accogliere ed esprimere energia nuova, quell’energia che conduce avanti il mondo, perché è la forza di Dio che chiama tutti gli uomini a diventare figli suoi.
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