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03-IIIa Domenica di Avvento – Anno A

IIIa Domenica di Avvento – Anno A

Mt. 11, 2-11

La funzione dei profeti


Giovanni Battista era stato messo in prigione da Erode Antipa per le sue invettive contro di lui. Tuttavia Erode stimava Giovanni, ma non poteva fare a meno di far tacere quella voce che dava fastidio.
Il primo messaggio di Gesù in questa domenica riguarda la figura di Giovanni: indica la ragione della fecondità della sua attività di ‘precursore’: “egli era un profeta e anche più che un profeta”. Il secondo messaggio riguarda invece il senso della propria missione e risponde all’interrogativo posto da Giovanni attraverso i suoi discepoli: “sei tu che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”

Un profeta e anche più che un profeta”.

La prima domanda che ci poniamo è: perché c'era bisogno di un precursore e quindi di una preparazione alla venuta del Messia? Se si concepisce la venuta di Gesù come la discesa di un essere divino dal cielo non ci sarebbe bisogno di alcuna preparazione. Ma l'incarnazione è una metafora per indicare non tanto la discesa di un essere divino sulla terra, quanto il fiorire dell'azione divina in una comunità umana. Essa esprime la fedeltà di uomini. Questa è una legge fondamentale della salvezza: l'azione di Dio deve diventare azione di uomini per essere efficace sulla terra.
Se l’incarnazione sviluppa una dinamica salvifica, necessariamente deve coinvolgere persone fedeli. E perché ci siano persone fedeli devono devono esserci incontri, relazioni intrecciate di persone che rendano possibili forme nuove di umanità. Per questo sono necessarie preparazioni e profezie. Giovanni ha svolto questa funzione di profeta: "anche più che profeta" dice Gesù.
Anche oggi sono necessarie profezie e preparazioni: devono esserci persone che rendono possibile l'irruzione di forme nuove di fraternità, di dedizione, di servizio, di annunci ai poveri. Noi dovremmo avvertire la necessità di questa funzione, a questo siamo chiamati come comunità ecclesiale.

Gesù indica chiaramente quali sono le condizioni perché la funzione venga esercitata in modo efficace: le indica nell'atteggiamento che Giovanni ha assunto. Due caratteristiche sottolinea di Giovanni: la sua coerenza o fedeltà e la sua essenzialità o povertà.
La coerenza e la fedeltà sono necessarie perché per far risuonare la parola di Dio occorre ascoltarla e interiorizzarla. Solo in questo modo la Parola in noi esprime le sue dinamiche, si sviluppa secondo le leggi necessarie nella nostra condizione di creature. Non possiamo uscire da questa condizione. Se noi fossimo già perfetti, non avremmo bisogno di leggi. Siccome invece siamo imperfetti e inadeguati, necessariamente dobbiamo seguire le dinamiche che la vita sviluppa nel suo processo di sviluppo. La vita non va da tutte le parti, non si esprime in tutte le direzioni, ma solo in alcune. Siamo limitati e imperfetti, per questo abbiamo bisogno di regole per sviluppare le potenze della vita.
Ma ci sono modalità diverse di osservare le leggi. Gesù insisteva molto sulla necessità di vivere dall'interno la fedeltà alle regole vitali, non semplicemente esteriormente: le critiche ai farisei riguardava precisamente questo aspetto. Di Giovanni invece diceva: "Non è una canna sbattuta dal vento". Una canna sbattuta dal vento non indica la direzione del cammino, indica dove vanno le mode, dove vanno le passioni, dove soffia il vento. Noi tutti abbiamo bisogno di regole, cioè di seguire indicazioni precise; non di lasciarci portare qua e là secondo la sensibilità, l'istinto, gli interessi particolari. Certamente le nostre passioni e i nostri istinti sono necessari, ma sono imperfetti e inadeguati, perché siamo in una condizione provvisoria e incomplta, quindi non abbiamo tutte le componenti necessarie per la vita.
Per questo dobbiamo metterci in ascolto, dobbiamo interiorizzare la parola creatrice e renderci conto di che cosa la vita ci offre, giorno dopo giorno. Se ogni mattina ci mettiamo in preghiera, lo facciamo precisamente per accogliere quel dono che la vita oggi ci offre, per capire qual è la novità da interiorizzare. Questa è la coerenza e la fedeltà che ci è chiesta. La coerenza non è la negazione di una novità, non è il ripetere sempre le stesse cose, non è restare legati al nostro passato: sono le passioni, gli istinti che esprimono il passato. La novità di vita invece indica il dono che ci è offerto per diventare quello che ancora non siamo.
E' questa coerenza, questa fedeltà che spesso noi non abbiamo, perché ci aggrappiamo a ciò che già sappiamo, a ciò che sentiamo, a ciò che già siamo capaci di fare; e non rendiamo possibile la novità, mentre l'attesa del Signore che viene è l'attesa di una novità che irrompe continuamente nella nostra piccola eaiatenza e nella grande storia dell'umanità.
La seconda condizione per esercitare questa funzione, è il distacco, l'essenzialità della vita. Quando viviamo nell'esteriorità abbiamo bisogno di accumulare una quantità di beni, quando seguiamo le nostre passioni e i nostri istinti abbiamo bisogno di soddisfarli con tante scelte illusorie. Quante spese inutili stiamo facendo! Pensate a quante spese dannose abbiamo fatto nella vita, o l'umanità sta facendo: tutte le spese militari, che si sono moltiplicate in questi ultimi anni e oggi ancora si moltiplicano con nuovi progetti. Una dispersione enorme di ricchezza che produce morte e distrugge il tessuto delle comunità che fanno queste scelte, anche se subito non appare. Ma le dinamiche di morte certamente si esprimono in disastri sociali, in incapacità di accogliere gli altri, in resistenze al dialogo, in presunzione di superorità e così via.
Siamo chiamati a diventare testimoni di altre scelte. Siamo in grado di farle altre scelte, o anche noi preferiamo abitare nelle regge, diceva Gesù, siamo di quelli che portano abiti fini? Certamente le regge del tempo di Gesù non erano così ricche come le nostre case, non avevano tutti gli strumenti che hanno le nostre case. Noi abitiamo nelle regge. Per questo siamo incapaci di profezia, di annunciare ai poveri la salvezza e di continuare l’annuncio e la testimonianza di Gesù.

Andate e riferite quello che vedete e ascoltate

Il secondo messaggio di questo Vangelo è centrato sulla risposta di Gesù agli inviati di Giovanni, che gli avevano chiesto: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. Gesù risponde: "Andate e riferite quello che vedete e ascoltate".
Questo problema oggi si pone negli stessi termini, perché anche oggi, ogni giorno, di fronte alla guerra, di fronte all'ingiustizia, di fronte alle scelte che dobbiamo compiere, per la pace, per la condivisione dei beni, dobbiamo chiederci: il Vangelo è sufficiente per compiere queste scelte o dobbiamo rivolgerci altrove? "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". Ogni generazione si pone lo stesso problema e deve interrogarsi: è sufficiente il Vangelo per compiere le nuove scelte di pace, di giustizia, di condivisione dei beni, o il Vangelo di Cristo non basta più?
La risposta non la possiamo dare leggendo semplicemente testi o moltiplicando le riflessioni teologiche. La risposta la diamo quando in verità possiamo dire anche noi: "Andate e riferite ciò che vedete ed ascoltate". Solo se mostriamo nella nostra vita che realmente, fidandoci di Cristo e tenendo fisso lo sguardo su di lui, possiamo amare in un modo nuovo, possiamo accogliere i diversi, possiamo entrare in dialogo, possiamo superare la diffidenza, possiamo condividere i nostri beni, allora possiamo dire: "Andate e riferite ciò che vedete ed ascoltate". Altrimenti ci limitiamo a ripetere parole, a insegnare delle dottrine, anche straordinarie, ben congegnate, ma che non cambiano nulla, perché la vita si aviluppa altrove. La vita non sta nelle idee, anche se le idee sono necessarie per vivere, la vita non sta nelle parole, anche se è necessario esprimere ciò che viviamo. La vita è più profonda. Solo quando accogliamo le sue spinte ed espriamo le sue dinamiche siamo in grado di affermare: "Andate e riferite ciò che vedete ed ascoltate".
Quando mai noi siamo stati in grado di dire così? Per questo la nostra società è alla deriva, è in preda alle passioni del momento, agli interessi particolari, e non possiamo indicare le strade della salvezza. Dobbiamo rivolgere lo sguardo altrove, per poter capire che cosa oggi ci è chiesto, per cambiare e poter annunciare il Vangelo.

Chiediamo al Signore di essere consapevoli di questa nostra infedeltà, per poter vivere questi giorni in preparazione al Natale in modo più coerente, per poter fare quindi delle scelte di distacco, di condivisione, così da poter annunciare la speranza di un mondo nuovo: Dio viene e un uomo nuovo nasce in mezzo a noi.
Chiediamo al Signore questa fedeltà e trasparenza e allora saremo coinvolti anche noi in scelte nuove di coerenza, perché il mondo possa ancora sperare.
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