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12-IVa Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

IVa Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt. 5, 1-12
Il messaggio delle Beatitudini

Con il discorso della montagna, che oggi iniziamo a leggere, ci inoltriamo nel cuore del messaggio di Gesù.
Dobbiamo prima di tutto cercare di renderci conto dell'importanza che ha avuto per Gesù questo proclama, che aveva maturato per lungo tempo nel silenzio, nella riflessione, nel lavoro e poi alla sequela di Giovanni nel deserto. Dopo la lunga preparazione Gesù comincia con entusiasmo a proclamare ciò che emergeva dalla sua esperienza del rapporto con Dio.
Questo richiamo è necessario, per capire bene come interpretare questa pagina: non possiamo fermarci alle idee. Certo, è già molto fermarsi a riflettere sulle parole dette da Gesù, ma non è sufficiente per capire il valore sconvolgente del Vangelo. Perché non è semplicemente una dottrina, è una forza che viene trasmessa. In tale modo ci inseriamo nel processo della storia umana, cioè in quegli ambiti dove l'azione di Dio riesce ad esprimersi come vita in coloro che l'accolgono. Così ha preso corpo la storia della salvezza, cominciando dai primi germi e dai primi elementi di umanità. Occorre entrare in questo processo di vita, per potere sperimentare che cosa significa accogliere l'azione di Dio in noi o, possiamo dire, la forza del Vangelo.
Dobbiamo richiamarci all’esperienza di Gesù, per riuscire a penetrare il significato del suo messaggio. L'Eucarestia dovrebbe essere appunto uno degli ambiti per imparare la consonanza con la spiritualità di Gesù. Per questo è importante creare anche un clima di sintonia, di ascolto, un ambiente orante e contemplativo. Questo è il senso delle nostre Eucarestie.
Cosa emergeva, prima di tutto, dall'esperienza di Gesù? Un nuovo modello per vivere il rapporto con Dio e per interpretare la sua azione. Non è completamente nuovo, perché già i profeti, nella tradizione ebraica nella quale Gesù era inserito, avevano più volte richiamato questa immagine di Dio, ma era rimasta marginale e al tempo di Gesù era ancora marginale. Oggi non lo è più neppure nel mondo ebraico: sapete che il mondo ebraico ha fatto un lungo cammino proprio in questa direzione, ricevendo gli stimoli del cristianesimo, ma anche stimolando a sua volta il cristianesimo. Al tempo di Gesù questa spiritualità era ancora molto marginale, ma Gesù l'ha messo al centro della sua azione.

Il significato della beatitudine.

Il termine 'beati' con cui traduciamo la parola greca 'makarioi' indica la benedizione di Dio nei confronti degli uomini. Gesù afferma che l'azione di Dio, il suo occhio, è rivolto verso gli ultimi (i poveri), i sofferenti, gli affamati, i perseguitati. Poi ci sono altre quattro beatitudini che indicano gli atteggiamenti spirituali necessari per vivere bene, per accogliere questa azione di Dio ed esprimerla e diventarne testimoni.
Gesù non vuole dire ‘se tu sei perseguitato sei nella gioia’, chi è perseguitato è nella sofferenza, chi è affamato è nella sofferenza, a volte anche nell'angoscia. Gesù però richiama questo fatto: sappi che questa condizione attira lo sguardo di Dio su di te, la sua azione si orienta verso la tua sofferenza, la tua fame, il tuo pianto, la tua persecuzione.
Gesù lo può dire non perché l'azione di Dio dal cielo cada e si rivolga agli ultimi, ai poveri, ai sofferenti, ma perché lui stesso, vivendo così il rapporto con Dio, diventava, per gli ultimi (i poveri, i sofferenti, gli affamati, i persegitati) espressione efficace dell'amore di Dio. Gesù poteva dire ‘la benedizione di Dio è rivolta verso di voi’, perché attraverso di lui, attraverso i suoi gesti, essa si esprimeva.
Questa è la condizione fondamentale perché anche noi possiamo annunciare il messaggio delle beatitudini.
Gesù non proclama quindi un principio trascendente, cioè non dice: l'azione di Dio in ogni caso, indipendentemente dalle circostanze, dalle situazioni storiche, vi perviene. Perché lo sappiamo: l'azione di Dio non può mai esprimersi nella storia umana finché non diventa gesto di uomini. Gesù proclamava: ora ci sono gesti rivolti verso gli ultimi: i poveri, i sofferenti, gli affamati, i perseguitati. E invitava i suoi discepoli a vivere in questa attitudine.
Ma la verità di questo proclama non è chiara finché non si vive e non si sperimenta a che cosa conduce. Non è, quindi, un’argomentazione razionale che Gesù svolge, non dice: ‘adesso io vi dimostro razionalmente che voi dovete considerarvi oggetto della benedizione di Dio’. Gesù non argomenta, ma mostra con la propria vita la verità di quello che afferma; anzi: mentre lo dice, realizza già quello che afferma perché infondeva speranza e trasmetteva energia vitale. Questa è la caratteristica fondamentale delle esperienze salvifiche. Non sono frutto di argomentazione, bensì gesti di comunione. Si può sempre argomentare, si può riflettere, ma la verità dell’affermazione non è il risultato dell'argomentazione, bensì il risultato dell'esperienza che si vive.
Spesso lo dimentichiamo nel rapporto con Dio, per cui pensiamo di ricondurre la fede in Dio, o la verità del Vangelo, a ragionamenti che possiamo sviluppare. Sono sempre inadeguati, insufficienti. Non possiamo rinunciare alle argomentazioni perché come esseri razionali dobbiamo vivere riflettendo, ma non possiamo riflettere senza vivere, non possiamo ragionare al di fuori della vita. È solo all'interno della vita che può sorgere e fiorire la riflessione efficace. Se non viviamo il Vangelo non possiamo riflettere sulla efficacia del Vangelo. Possiamo riflettere su parole che ci vengono trasmesse dal Vangelo, ma non è sufficiente per coglierne la verità. E noi invece dobbiamo scoprire la verità degli annunci che sono stati fatti.
Spesso lo dimentichiamo, perché siamo stati educati a considerare la vita di fede semplicemente come un'adesione a dottrine. Lo sappiamo ma è una tentazione così facile - soprattutto nella nostra cultura occidentale - che noi ci cadiamo frequentemente. Spesso non ci rendiamo conto di vivere illusoriamente la fede, solo perché ripetiamo dottrine o coltiviamo pensieri o fantasie buone. Ma non basta questo per cogliere la verità del Vangelo.

L’incidenza storica delle Beatitudini.

Un altro aspetto importante da ricordare, per capire il valore di questa pagina di Gesù, è l'incidenza che ha avuto nella storia.
L'incidenza non vuol dire che il messaggio è stato vissuto in modo perfetto e soprattutto esteso. Dove viene vissuta questa pagina del Vangelo? In qualche piccolo ambiente, in qualche breve momento, da parte di qualcuno, ma non è stata ancora accolta pienamente, perché è un ideale così elevato che richiede lungo tempo, per essere realizzata progressivamente. E quando un giorno potrà essere realizzata (se gli uomini non cesseranno prima di vivere, se non si distruggeranno a vicenda), allora si apriranno nuovi orizzonti dell'umanità e sorgeranno forme nuove di vita.
Ora quello che per noi è invece necessario è riuscire a portare avanti l'esperienza che Gesù ha avviato nella storia attraverso la sua fedeltà. Nella storia ci sono stati cambiamenti profondi: il superamento della schiavitù, l’introduzione di numerose forme di solidarietà oggi diffuse nelle società umane. Sono già state introdotte nelle strutture sociali, ma hanno richiesto una fedeltà rivoluzionaria, in certe circostanze e in certe situazioni. Ci sono dei luoghi ancora del mondo, lo sappiamo, in cui tutto questo deve esser ancora accolto e realizzato; ma anche presso di noi, dove queste acquisizioni sono diventate leggi sancite strutture realizzate c'è sempre il rischio che vengano svuotate dall'interno, che vengano annullate nel loro spirtio e che anzi divengano strumenti di male. Questo lo sappiamo perché il peccato accompagna sempre il cammino umano.
Pensate per esempio alle forme di solidarietà che sono sorte lungo i secoli per i prestiti di denaro: i monti di pietà, poi successivamente le banche. Oggi è innegabile che tutta la struttura bancaria del mondo può diventare – e lo è, per molti versi - strumento di potere nei confronti degli ultimi, dei poveri. Per cui ciò che era sorto per favorire i poveri è diventato uno strumento per l'oppressione dei poveri. Gli esperti che riflettono su questa organizzazione del mondo, e lo stesso Papa Francesco, più volte hanno richiamato questa deformazione delle strutture nate per realizzare la e per favorire la solidarietà.
Tutto questo è comprensibile, perché l'ideale che Gesù ha proposto è così elevato, che le tappe necessarie per realizzarlo sono sempre soggette a processi di involuzione e quindi sono sempre soggette alle tentazioni dell’egoismo.

Le condizioni per realizzare oggi le Beatitudini.

Consapevoli di essere inseriti nella storia perché le beatitudini vengano realizzate, dobbiamo interrogarci: qual è la nostra responsabilità, che cosa ci è chiesto perché la storia del bene e della solidarietà continui e non prevalgano processi involutivi, perché cioè la morte non vinca sulla vita, e l'ingiustizia non utilizzi gli stessi strumenti della giustizia per affossarla? Che cosa ci è chiesto?
Non sono in grado di rispondere in modo adeguato a una domanda così impegnativa. In ogni caso io credo sia chiaro che la prima condizione per noi sia vivere la fede in Dio. Perché Gesù è riuscito a proporre il messaggio evangelico per il rapporto che viveva con Dio. Anche nelle analisi storiche che si possono fare dello sconvolgimento positivo realizzato lungo i secoli, mancherebbe certamente il riferimento fondamentale se tutto si riducesse all'analisi dei meccanismi storici e si dimenticasse la forza che invece proviene dalla fiducia in Dio. Gesù non è comprensibile se si trascura il suo rapporto con Dio.
Noi non siamo in grado di continuare il suo cammino se non viviamo il rapporto con Dio, cioè se non sperimentiamo a quale forma nuova di umanità può condurre l'abbandonarsi fiduciosamente a Lui: nell'accogliere la forza del bene per esprimere un amore nuovo; nell'accogliere la sua misericordia, vissuta per il nostro peccato ed esercitata nei confronti dei fratelli.
Il primo dato fondamentale è quindi: vivere la fede in Dio. Non semplicemente come dottrina, ma come esercizio quotidiano di abbandono fiducioso in Dio.
Il secondo atteggiamento essenziale è rendersi conto della responsabilità che Dio ci affida nei confronti dei fratelli. Perché la sua azione non può pervenire a nessuno se non diventa pensiero, invenzione, gesto di uomini.
È un cammino impegnativo, certo, ma è la condizione fondamentale perché la storia degli uomini possa continuare e le nuove generazioni possano avere un futuro. Perché cioè la speranza possa ancora essere annunciata.
Chiediamo allora al Signore di essere illuminati oggi su questa responsabilità grave che noi abbiamo - soprattutto noi adulti, in rapporto alle giovani generazioni - di mostrare la verità del Vangelo di Gesù. Le beatitudini sono veramente necessarie perché l'umanità possa vivere ancora. Non sono semplici sussidi né sono semplicemente delle proposte opzionali: sono indicazioni assolutamente necessarie per il cammino della storia umana.
Chiediamo allora al Signore la luce per avere l'evidenza di questa grande verità. E nello scambio comune dei doni nell'Eucarestia chiediamo la forza per continuare questo cammino e diventare nel mondo testimoni efficaci della verità del suo Vangelo.
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